Triplete Ducati in MotoGP: Mondiale Costruttori, Piloti, Team.

Triplete Ducati in MotoGP: Mondiale Costruttori, Piloti, Team.


Utilizzando un gergo calcistico lo possiamo definire "triplete", anche se tecnicamente si dovrebbe chiamare "triple-crown", ma la sostanza non cambia: Ducati ha dominato il campionato mondiale MotoGP anche nel 2025

Doverosa premessa: chi mi conosce sa che sono un ducatista e un tifoso Ducati, ma non per questo non esercito il mio spirito critico. Esprimo il mio pensiero da semplice tifoso e appassionato, senza nessuna pretesa di essere all'altezza di giornalisti ed esperti che ne sanno decisamente molto più di me. Sinceramente preferisco Bagnaia a Marquez, non solo perché Pecco è italiano, semplicemente mi è più simpatico, anzi, in realtà è Marc Marquez ad essermi molto antipatico. Ok, il tifoso di Valentino che è dentro di me è condizionato in questo giudizio, ma davvero l'atteggiamento di Marquez non mi è mai piaciuto, e pur ammettendo la sua superiorità tecnica rispetto a tutti gli altri, non riesce ad appassionarmi come altri hanno saputo fare.

Doverosa confessione: quest'anno per diversi motivi non ho visto nessuna gara di MotoGP. Un po' mi dispiace, un po' mi rendo conto che in realtà, con gli esiti quasi scontati che si profilavano fin da prima che iniziasse questa stagione, ho perso l'interesse per questo campionato. Ho gioito da ducatista alla vittoria del mondiale Costruttori, un po' meno per il mondiale Piloti e per il mondiale Team, ma questa superiorità soverchiante delle moto di Borgo Panigale obiettivamente mi causa un po' di noia, e non so se è solo una mia attitudine o se questo sentimento è più diffuso. 

Con queste premesse vado ad analizzare quello che ho capito di questa stagione 2025 di MotoGP, evidentemente da osservatore esterno, consapevolmente poco coinvolto.


La dinastia Ducati in MotoGP

Negli ultimi anni, un rosso ha dominato la scena: quello di Borgo Panigale. Ducati non è più solo una protagonista: è diventata il punto di riferimento, la macchina da battere o per meglio dire da inseguire (col fiato corto).


Non è (solo) il pilota o la moto: è il progetto che vince

Dietro i titoli mondiali e i brindisi sul podio si nasconde un ecosistema vincente: strategie industriali, trasferimento tecnologico e una crescente tensione verso un posizionamento sul mercato di fascia premium che ricorda il mondo delle auto di lusso, e che il gruppo Audi-VW, proprietario di Ducati, ben conosce. Di fatto nel catalogo Ducati, grazie alle differenti declinazioni dei modelli e alle versioni speciali ad edizione limitata e/o numerata, troviamo la stessa logica industriale con la quale il gruppo Audi-VW propone sul mercato i modelli di punta Lamborghini, Bentley e Porsche.

È normale che, nei momenti clou, si celebri il pilota come eroe indiscusso. Ma Ducati dimostra con forza che l’eroe vero è il progetto: la Desmosedici GP, e tutto ciò che le ruota attorno. Questo è confermato da un fatto quasi incredibile: Ducati ha conquistato il titolo piloti per quattro stagioni consecutive (2022, 2023, 2024, 2025) con tre piloti diversi (Bagnaia, Martín, Márquez).

Ciò implica che non si tratta solamente di una moto che valorizza le caratteristiche peculiari di quel pilota specifico, ma di una piattaforma versatile, capace di adattarsi a diversi stili di guida, di esaltare talenti diversi e di restare competitiva anno dopo anno. È legittimo affermare che Ducati ha portato agli estremi l'approccio “scientifico” nel motociclismo.

Questa scelta di puntare sul sistema, e non sulla singola persona, alimenta il legame tra risultati e marchio, tra pista e moto di serie: non stai comprando un modello «tagliato per un certo pilota», ma un pezzo di quell’eccellenza tecnica che vince in gara.


Le vendite si costruiscono anche in pista

Le gare mostrano solo l’ultimo atto: il lavoro decisivo avviene dietro le quinte. E Ducati lo sa bene. Il world title costruttori che si aggiudica (nel 2025 è il sesto consecutivo) non è un incidente da gara fortunata: è il risultato di anni di investimenti tecnologici, simulazioni, ingegneria e raccolta dati. 

Questo non è solo un approccio di marketing: è un modello operativo strutturato. Ogni miglioria introdotta sulla moto da gara passa (quando possibile) sulle moto a catalogo "speciali" e poi ancora sulle “normali”. È la ragione per cui, guidando una Ducati di serie, senti addosso lo stesso DNA che spinge Márquez o Bagnaia al limite.

Non solo, ogni Ducatista sa di avere, nel suo piccolo, dato un contributo alla costruzione di un frammento di quella “macchina da vittoria”.

Tra tutte le conquiste, quella più affascinante è la trasformazione della tecnologia da gara in esperienza stradale. Per Ducati è una ragion d’essere: “la pista è il laboratorio più importante per le moto di serie”.

Quando vinci il titolo costruttori, segni che non è solo un singolo fuoriclasse a fare la differenza, ma tutta la “filiera Ducati” (team, prototipi, dati, know-how). 



Il pericolo di assuefarsi alla perfezione 

Quando un marchio vince di continuo, la sfida non è solo continuare a tenere gli altri dietro: è evitare che il proprio successo venga percepito come “dato per scontato”. Il CEO Ducati, Claudio Domenicali, lo ha detto bene: vincere una volta è difficile, ma ripetersi e farlo con continuità, anche se sembrare normale… è un altro sport.

E qui nascono due trappole insidiose: aspettative troppo alte, ogni vittoria diventa il minimo accettabile, ogni passo falso è subito letto come cedimento. Il margine per l’errore diventa piccolissimo. Conservatorismo tecnico, quando sei al vertice, la pressione a innovare può diventare più forte, ma anche più rischiosa, perché un errore costa quasi più che non fare nulla. In questo senso Ducati deve continuamente non solo inventare nuove soluzioni, ma convincere che non rimane immobile.

Fino a qui la prospettiva è quasi epica: basta solo continuare a vincere, dominare, trasferire tecnologia. Ma quando un marchio spinge verso un’efficacia quasi monopolistica, emergono anche criticità che non si possono ignorare.

In molte gare Ducati monopolizza i primi posti, rendendo la competizione “a senso unico”. Una superiorità quasi “incolmabile” che rischia di scoraggiare l’entrata o l’investimento di altri marchi.

Essendo presente su più team e con più moto in pista, Ducati può raccogliere dati maggiori, apprendere più in fretta e affinare le regolazioni. In un ecosistema in cui l’informazione è essenziale, chi ha più “occhi in pista” ha un vantaggio. 

Il rischio è che Ducati diventi “noiosa”: come mantenere alto l'entusiasmo quando si vince sempre? Questo può portare da apatia o desiderio di cambiamento più radicale nel format o nelle regole. I potenziali nuovi tifosi o i tifosi meno legati al marchio e quindi più “neutrali” rischiano di smettere di guardare se la vittoria appare già scritta.



Fascino, rischi e futuro del dominio rosso

Il dominio Ducati in MotoGP è una sinfonia dove ingegneria, strategia e cuore si incontrano. Ogni titolo piloti e costruttori non è solo un trionfo sportivo: soprattutto quando un marchio riesce a declinare a catalogo la sua anima racing, è una conferma che la tecnologia da pista può vivere anche su strada. Ma è un equilibrio delicato: vincere troppo può portare per assurdo a dare meno valore alla vittoria stessa.

Per chi vive la moto su strada, l'eccellenza in pista offre una promessa: guidare una Ducati non è solo scegliere una moto perché ci piace, è esprimere un legame con i valori del brand, portare con noi una parte di quel mondo racing. Ma anche un monito: la vera sfida per Ducati non è solo vincere, ma continuare a dimostrare che queste vittorie sono il frutto di un dominio che si alimenta ogni giorno di passione, innovazione, emozione.




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