Racconti di viaggio: la mia prima vacanza in moto

Giri in moto


Per molti anni la moto è stata per me il passatempo del weekend. Giri in moto che si concludevano in giornata, come si addice ad un incallito motociclista della domenica. Era divertente, senza dubbio, e ho amato la mia MT03 e il mio Monster 696. Capitava anche di star fuori una notte, è vero, ma al massimo si portavano a casa quei cinquecento chilometri in tutto il weekend, perché la moto era solo un mezzo per poter fare altro. D'estate la moto era uno strumento utile per saltare le code di auto dirette in spiaggia o per prendere un po' d'aria fresca la sera di ritorno da un aperitivo e una cena in centro. La moto come strumento, una comparsa non protagonista.

Per i miei quarant'anni decido di regalarmi un viaggio. Un viaggio lungo e costoso. Organizzo il viaggio in anticipo di qualche mese. La cifra è a quattro zeri. Il viaggio durerà, se tutto va come l'ho immaginato, per molti anni. I quattro zeri sono per la nuova moto, una Ducati Monster 1200. Il tempo di viaggio non è prevedibile, perché questo viaggio è un cambio di prospettiva, prima di tutto su me stesso. Questo più che un programma di viaggio è un programma di vita, ma ho in mente anche una vera vacanza, un viaggio reale, da mettere in pratica in estate.

La moto non è più una comparsa, non è più un semplice mezzo di trasporto, non è più soltanto il parco giochi di una domenica di primavera.

Il salto dal 696 al 1200 non è una passeggiata. I giri in moto delle domeniche di primavera mi servono a prendere dimestichezza con la diversa impostazione ciclistica ma soprattutto con i 135 cavalli del bicilindrico Testastretta.

Arriva l'estate ed è tempo di organizzare la mia prima vacanza in moto, in solitaria. Decido di non organizzare nulla di preciso. Ho solo due punti fissi. Voglio assolutamente fare il passo della Futa tra Bologna e Firenze, strada che non ho mai percorso nemmeno in auto, e la litoranea da Leuca a Otranto, nel Salento, che qualche anno prima mi aveva incantato.

Faccio la spesa da Bep's. Borsa Givi da serbatoio, cerata anti pioggia. Da Decathlon mi procuro un po' di abbigliamento tecnico da running e da bici che può adattarsi perfettamente ad un viaggio in moto, oltre ad una torcia led ricaricabile a mano.

Iniziano i preparativi. Riempio la borsa da serbatoio con gli indumenti necessari per una settimana fuori casa. La borsa fatica a chiudersi. Inizio a dare priorità alle cose indispensabili e a scartare il superfluo. Imparo la prima lezione del viaggiatore in moto: selezionare il necessario. Adesso la borsa si chiude con facilità. Sulla tasca superiore trasparente infilo il tablet che mi farà da navigatore. In uno zainetto leggero infilo la cerata anti pioggia e un po' di cose per il viaggio, i caricabatterie del cellulare e del tablet, una bottiglietta d'acqua, lo spazzolino da denti, e altre cose così.

E' l'inizio di agosto. Parto di prima mattina per evitare un po' di traffico. Da Padova a Bologna in autostrada, sono fresco, è il primo giorno di viaggio e voglio fare più strada possibile. Esco dall'autostrada e mi dirigo verso Raticosa e Futa. Non ho mai fatto quella strada e mi perdo l'uscita in un paio di rotonde, che percorro in circolo come un cretino, fino ad imbroccare la svolta giusta. L'idea di usare il tablet come navigatore non è proprio un gran che. In primavera aveva fatto il suo dovere dignitosamente durante qualche prova vicino a casa, ma con il sole estivo e con la borsa da serbatoio bella piena è poco visibile, per fortuna posso seguire le indicazioni vocali con l'auricolare.

Raticosa e Futa sono uno spettacolo di curve. Sono un po' impacciato con la mia borsa e il mio zainetto ma mi diverto un sacco. Gli altri motociclisti mi sorpassano veloci e mi salutano. Io mi godo questa sensazione nuova, questa zavorra che non infastidisce, perché è carica di libertà. Mi fermo in uno spiazzo e mi godo il panorama intorno, siamo soli, io e il mio Monster. Una sosta al Mugello è doverosa. Tira un vento pazzesco. Il rumore delle moto che provano sul circuito sembra venire da mille direzioni diverse.

Dal Mugello ad Arezzo, poi Orvieto, la strada è uno spettacolo. Non c'è traffico e infilo una curva dopo l'altra, senza sosta. Ho deciso di non visitare le città che incontro ma di godermi il viaggio. Si avvicina la sera. Prendo il mio smartphone e guardo qualche offerta su Booking. Per la mia prima notte scelgo Civita Castellana. Mi rimetto in viaggio e la stanchezza inizia a farsi un po' sentire. I chilometri sono oltre cinquecento.

Civita Castellana è un gioiello, l'albergo è molto bello e ha un ottimo ristorante. La mattina faccio colazione all'alba. Il sole del mattino accarezza le mura della vecchia rocca. Decido di andare verso Tivoli e poi Castelli Romani. Mi metto in autostrada per avvicinarmi a Napoli. Ho una mezza idea di fermarmi a Paestum, ma si vedrà. Mi lascio alle spalle Napoli e Salerno. L'autostrada è poco trafficata e l'aria è fresca. Decido di tirar dritto e fare più strada possibile. Potenza arriva quasi in un attimo. Da Potenza a Matera, la Basilicata mi mette a dura prova. Infiniti viadotti sferzati da raffiche di vento caldo. La stanchezza arriva tutta in un botto, pesante. Consulto Booking e trovo una stanza a Manduria, qualche chilometro dopo Taranto. Arrivo in albergo al tramonto. Sono stanchissimo e non ho fame. Il contachilometri di giornata indica più di 700. Mi faccio una doccia infinita e mi addormento sul letto mezzo vestito, senza nemmeno cenare. Al mattino mi sveglio molto presto e con una fame allucinante. Scendo a far colazione e mi godo il silenzio del mattino, con lo sguardo perso sugli uliveti del Salento.

Mi rimetto in sella. Porto Cesareo, Sant'Isidoro e Santa Maria scorrono via rapidamente. Mi avvicino a Gallipoli. Inizia a far caldo. Il traffico aumenta fino a diventare insopportabile. Decido di lasciarmi alle spalle Gallipoli e la Baia Verde. Mi dirigo direttamente a Leuca. Dal Santuario di Leuca fino a Castro è un susseguirsi di emozioni. C'è pochissimo traffico, la giornata è limpida, il caldo è cocente ma l'aria è secca, sono le condizioni perfette per viaggiare in moto. Le curve della litoranea svelano un panorama sempre diverso sul mare. Erano le sensazioni che cercavo. Era la consapevolezza che volevo. L'ho trovata qui. Ero ancora in viaggio ma avevo trovato la mia destinazione.

Una sosta a Otranto, poi su verso Lecce, Brindisi, Bari, Foggia. Percorro la Puglia tutta d'un fiato. Mi rimetto in autostrada, e arriva qualche goccia di pioggia. All'inizio appena accennata, tanto che non metto nemmeno la cerata. Si avvicina la sera, in pochi minuti si fa buio e la pioggia si fa intensa.  Speravo in un veloce temporale estivo e invece è una perturbazione che non si schioderà per molte ore. E' un tratto senza Autogrill e le aree di sosta sono sotto l'acqua battente. Mi fermo, ormai zuppo di pioggia, sotto ad un ponte. Mi metto la cerata. La torcia led mi torna molto utile. Controllo Booking e prenoto un albergo nella città più vicina, proprio a pochi passi dall'uscita autostradale di Pescara.

Al mattino il tempo migliora, ma la perturbazione non se ne è andata del tutto. Mi metto in sella e mi godo il tragitto lungo la costa marchigiana. Prima di arrivare ad Ancona incontro nuovamente una pioggia davvero intensa. Proseguire è faticoso, e pericoloso. Lunga pausa in Autogrill. Poi la pioggia scende di intensità e mi rimetto in viaggio. Esco a Senigallia. Pranzo in centro storico con una vecchia amica. Poi di nuovo in viaggio: Pesaro, Rimini, Ravenna, Ferrara. Ancora qualche chilometro e il paesaggio diventa familiare. Scorgo la rocca di Monselice, poi i Colli Euganei, e infine arrivo a casa.

Sono stanchissimo. Ho il sedere indolenzito, le vesciche alle mani, le ginocchia che scricchiolano, la schiena e le spalle rigide come un baccalà. Duemila e cinquecento chilometri in quattro giorni. La mia prima vacanza in moto, in solitaria. Un viaggio fatto di fatica inutile e di chilometri di asfalto che si rincorrevano testardamente. Un viaggio bellissimo, in compagnia dei miei pensieri, del mondo che mi stava attorno, della mia moto.

La mia Ducati dopo quel viaggio non è stata più soltanto un mezzo o uno strumento, ma un compagno di avventura con cui vivere preziose emozioni.


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